Cammino degli Aurunci

Cammino degli Aurunci

Abbacinato dal sole di una limpidissima giornata primaverile mi affaccio dal belvedere del borgo di Minturno, luogo di partenza del Cammino degli Aurunci: il mio sguardo spazia da Gaeta alle isole del Golfo di Napoli, passando dalle isole pontine.
Alle spalle i Monti Aurunci e le vette imbiancate degli Appennini chiudono la magnifica scena. Di questo territorio si innamorarono anche gli antichi romani. Qui Mamurra, ufficiale di Cesare, costruì la sua domus con le terme in riva al mare. Da qui sono partite anfore che hanno trasportato merci in tutto il mediterraneo.


Ho condiviso la prima tappa con persone che mi hanno veramente arricchito grazie al loro sapere. Letizia del Circolo Maremoto è l’anima di questo cammino: lei, donna di mare e grande velista, è stata affascinata da questi territori che ha percorso in bici e a piedi.
Rolando Belardoni, enogastronomo specializzato in mappatura di iniziative agroecologiche, ci ha illustrato tutte le piante selvatiche e il loro uso in cucina.
Arianna Lobina, guida ambientale di Firenze, ha deciso di raggiungermi in questo cammino dopo aver letto del mio progetto e mi sta dando consigli utili sulla tecnologia e sui social.

12 aprile, 2° Tappa – Da Spigno Vecchio a Maranola
A partire da questa tappa si entra nella zona montuosa. Il Circolo Maremoto da la possibilità di percorrere queste tappe in sicurezza, utilizzando il Garmin con tecnologia inReach. La comunicazione satellitare permette all’associazione di seguirti a distanza durante il cammino e di poter comunicare con loro per qualsiasi necessità.
La salita da Spigno Vecchio verso i monti è davvero impegnativa, soprattutto per il dislivello da superare. I paesaggi però sono mozzafiato: Sella Spampaduro, la dolina di Fossa Joanna con le leggende sulle streghe, i boschi ancora spogli dove il giallo e il marrone contrastano con il verde del muschio.

Fino a raggiungere la vetta di Monte Petrella. La fortuna assiste il gruppo di camminatori che mi accompagna: Salvatore Vento, sindaco di Spigno, Arianna e Rolando. La giornata è limpida e dal monte più vicino al mare più alto d’Europa si possono vedere quattro regioni e diversi parchi nazionali, oltre a un quadro blu con dipinte le isole pontine e partenopee.

Proseguiamo giù per un fitto bosco in direzione ovest fino ad arrivare alla cima del Monte Redentore dove possiamo ammirare la statua del Cristo Redentore e il panorama sull’intero Golfo, dal Vesuvio al Circeo.

Proseguiamo verso un altro gioiello. Incastonata nella montagna la chiesa di San Michele Arcangelo lascia senza parole anche chi non è credente.
Lavorare mi pesa meno dopo una mattinata così. Voi che pensate?

13 aprile, 3a tappa Maranola – Itri
Ancora una levataccia per affrontare un’altra impegnativa tappa con tanto dislivello. Rifocillati dalla colazione dell’affittacamere Altomuro39 ci addentriamo nella valle cupa sul versante occidentale dei Monti Aurunci, dove si rifugiava l’antico popolo aurunco che viveva di pastorizia e agricoltura.
Io e Arianna siamo in compagnia dell’ideatrice del cammino, Letizia, e di Jeanpierre, francese di nascita ma cresciuto in questi luoghi di cui è esperto conoscitore.
Superiamo il Rifugio di Acquaviva e la Sosta Bellavista dove Michele racconta la sua storia: una vita dedicata alla costruzione di un luogo suo a servizio di chi ama la montagna. Qui non arrivano strade e ogni pietra è stata messa a mano.

Dopo aver attraversato l’altopiano delle Mesole incontriamo il fosso della Neve, un vero e proprio frigorifero del passato! Fino agli inizi del 900 i blocchi di ghiaccio che qui si realizzavano, venivano trasportati a valle attraverso le “vie della neve” durante la notte sul dorso dei muli.
Chi sapeva che questo era il modo per fare i primi sorbetti?
Dalla forcella di Campello Vecchio una carrareccia in discesa ci conduce al borgo di Itri, meta della terza tappa.

14 aprile. Quarta tappa, Itri – Santuario Madonna della Civita
Si riparte da Itri, la città dei briganti ci spiega Antonio, una vita da guardiaparco su queste montagne. Qui Michele Pezza, il brigante detto Fra Diavolo, si è reso famoso prima con le sue scorribande e poi a fianco dei Borboni. Lo immagino fare capolino con il suo sguardo vispo tra le feritoie della fortezza di Sant’Andrea che protegge la via Appia. A differenza del tenente Drogo nel deserto dei Tartari qui il nemico è arrivato eccome e il nostro Fra Diavolo è finito impiccato.

L’ultimo giorno ci vede impegnati anche in una serie di visite, la prima delle quali in una delle sedi del parco degli Aurunci. Nella falegnameria un artigiano recupera il legno degli alberi caduti creando manufatti ornamentali. Nella bottega vediamo un’antica tradizione locale: la lavorazione a mano della stramma da cui fin dalla notte dei tempi si creavano borse per il trasporto di materiale. Infine i responsabili del vivaio ci spiegano che da qui partono le piante del progetto Ossigeno, un ambizioso progetto per piantare 6 milioni di alberi nel Lazio, uno per ogni abitante della regione.

Luisa e la sua famiglia si sono invece specializzati in allevamento di varie specie di galline. Al Casale di Nonna Maria ne scorazzano libere un centinaio tra cui l’incredibile padovana e le livornesi!


Se questa esperienza non fosse già straordinaria di per se, cosa dovrei aggiungere quando nei borghi incontro amici di vecchia data? Dopo Luana a San Rufo, ecco Laura a Itri! Quando ti ospitano amici veri ci si sente a casa e così mi permetto il lusso di fare Smartworking dal suo divano!
Ma voi ci andate a trovare gli amici nei loro paesi di origine sparsi per l’Italia?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *